icerbox Zappia Chiudo by Unknown

autore:Unknown
Format: epub
pubblicato: 2019-03-15T16:00:00+00:00

Presi il primo paio di mutande e tolsi il coperchio del contenitore. Procedevo con il mio compito e intanto, con la coda dell’occhio, seguivo Miles che tirava via le coperte e assicurava al letto la sua vittima con le corde da bungee-jumping, dalle spalle fino alle caviglie. Poi aprì il sacchettino pieno di minuscole palline nere – pulci? – e glielo svuotò sulla testa.

«Ok, fatto» sussurrai. E richiusi il cassetto.

«Adesso prendi tutte le mutande che trovi a terra e buttale sotto la cassettiera». Miles nel frattempo si mise ad armeg-giare con la sveglia sul comodino.

Con la punta dell’indice e del pollice feci una specie di pinza, raccolsi le varie mutande che trovavo in giro toccandole il meno possibile. Creai una pila vicino alla cassettiera e spinsi tutto sotto con il piede.

«L’effetto delle pillole dovrebbe svanire quando suona la sveglia» mi disse Miles. Gli restituii il contenitore. «Ora non ci resta che andarcene».

Mi sporsi sul letto per sbirciare quella povera vittima inconsapevole.

Restai pietrificata.

«Miles!»

«Che c’è?»

«Ma è Tucker!»

Aveva un’aria così innocente nella sua maglietta di Einstein e i pantaloni del pigiama pieni di atomi… e io gli avevo appena riempito le mutande di ghiaccio secco…

«Calmati!» Miles mi afferrò per il polso e mi trascinò via.

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Corremmo lungo le scale e ci ritrovammo nel foyer, Angela ci salutò dal salotto. E in un lampo eravamo fuori, sul portico.

Miles chiuse la porta a chiave, reinserì l’allarme e corremmo verso il furgone. Art ci aspettava pronto al volante.

«Stronzo!» gridai una volta richiuse le portiere e messo in moto. Colpii Miles al braccio con tutta la rabbia che sentivo montarmi dentro. «Non me l’avevi detto che si trattava di Tucker!»

«Saresti venuta altrimenti?» ribatté lui.

«Certo che no!»

«Ah, e invece non avresti avuto nessun problema a fare una cosa del genere a chiunque altro». Miles si spostò gli occhiali per strofinarsi un occhio. «Un tantino da ipocriti, se posso dire».

«No, tu non puoi dire proprio niente!» Incrociai le braccia e guardai fuori dal finestrino. Un terribile senso di colpa mi agitava lo stomaco. «Avresti dovuto dirmelo».

«Perché? Perché ti fa pena? Perché ti segue ovunque come un cagnolino? Non lo saprà mai che c’eri anche tu, stai tranquilla. Lui avrà la sua dose di confusione e disagio, e tu cinquanta dollari in tasca».

Un’altra ondata di rabbia mi attraversò le braccia. «Non importa, è il principio!»

«No, invece, non c’entrano i principi se di botto ti rendi conto che una cosa è sbagliata solo perché si tratta di Beaumont!»

Ci guardammo in cagnesco per un minuto intero, fin quando Art non diede un colpo di tosse. Sentii le braccia irrigidirsi.

«Sei proprio uno stronzo» dissi, distogliendo lo sguardo.

«Chi lo dice, lo è» borbottò Miles in tutta risposta.

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